Una riflessione sulle scelte del governo in merito all'alternanza scuola lavoro
La doccia fredda dell’alternanza ridotta a un terzo
(di Anna Rosa Besana, Rossella Gattinoni e Gennaro Malafronte) Ogni inizio d’anno scolastico vede sempre profilarsi all’orizzonte qualche novità o qualche riforma di una riforma che poi sarà compito dei docenti realizzare. Nella legge di bilancio emerge come, in corso d’anno, con progettazione già fatta e presentata alle famiglie, l’esperienza di alternanza scuola lavoro (ASL) venga significativamente ridotta. Che la riforma della Buona Scuola non piacesse a molti docenti è risaputo. Ma dopo il subbuglio iniziale e le perplessità sull’efficacia dell’alternanza scuola-lavoro soprattutto nei percorsi liceali, tutti - o almeno chi continua a credere nella scuola e sono molti - si sono messi al lavoro. Contatti con enti, associazioni, aziende che potessero effettivamente contribuire al percorso formativo dei ragazzi e poi convenzioni, informative alle famiglie, inserimento in piattaforma e tanta, ma davvero tanta, burocrazia hanno segnato questi anni da pionieri dell’alternanza. Finalmente una certa stabilizzazione dell’iter ed ecco la doccia fredda. Se guardiamo alla riforma dell’ASL nella legge di bilancio che il governo si sta apprestando a varare vediamo che si tratta di una pura operazione di taglio dei fondi. La riforma non elimina l’ASL, d’altra parte come si potrebbe argomentare contro il tentativo delle scuole superiori, soprattutto tecniche e professionali, di aprirsi al mondo del lavoro? Ma mina alle fondamenta l’impianto didattico dell’alternanza scuola-lavoro perché quello che verrà praticato sarà un taglio di fondi molto consistente e che andrà a penalizzare soprattutto gli istituti tecnici. Per questi ultimi la riduzione del monte ore e del corrispondente budget sarà percentualmente maggiore di quella prevista per i licei e per gli istituti professionali; infatti per i tecnici si andrà da 400 ore a 150 (-62.5%), mentre per i licei si passerà da 200 ore a 90 (-55%) e per i professionali da 400 ore a 180 ore (-55%).
Questo aspetto è didatticamente e strategicamente inspiegabile considerando che gli istituti tecnici sono nati per formare quelle figure professionali, altamente qualificate, che il mondo del lavoro richiede con grande insistenza. Supportare il lavoro ASL potrebbe essere una mossa economica vincente per il futuro del paese. Se guardiamo all’esperienza fatta dalle scuole del territorio, non solo la nostra, ci vengono in mente progetti bellissimi, nati dall’entusiasmo dei ragazzi e da un lavoro non convenzionale dei docenti, che va ben al di là di quello che è comunemente considerata la prassi didattica che, in molti casi, ha tratto beneficio dalla collaborazione con le aziende del territorio. Invece l’esperienza maturata in questi anni non verrà neppure presa in considerazione durante l’Esame di Stato: dov’è il rispetto del lavoro di docenti ed alunni?
Nell’indirizzo tecnico del nostro Istituto, grazie all’ASL, alcuni studenti brillanti hanno iniziato un’esperienza che li ha portati a lavorare e contemporaneamente a studiare all’università. Molti altri appena diplomati hanno trovato subito lavoro perché al primo colloquio hanno dimostrato quello che sapevano fare e hanno raccontato quello che facevano a scuola. Questi ragazzi non sempre erano quelli bravissimi, adatti a studi liceali e spesso non provenivano da famiglie benestanti (alcuni erano immigrati), ma sono diventati bravissimi nel loro campo e in questo sta tutto il senso di una scuola che fa il suo dovere. Da alcuni anni molte aziende si rivolgono direttamente al nostro istituto per cercare neodiplomati da assumere e il motivo di ciò non è soltanto dovuto a una congiuntura economica positiva nella nostra regione, ma anche alla credibilità che il nostro Istituto si è conquistata negli anni dimostrando di saper fare una didattica al passo con i tempi e insegnando quelle competenze che le progettualità di ASL hanno potenziato e che ora vengono private di una quota consistente di finanziamenti.
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