Articolo di S.A. su CasateOnLine IISS A. Greppi Relazione con la stampa: Prof.sse Annarosa Besana Rossella Gattinoni
Adottare un'adeguata "forma mentis" per comprendere un fenomeno che sta facendo paura al mondo.
L'obiettivo è stato pienamente raggiunto questa mattina all'Istituto superiore "Alessandro Greppi" di Monticello Brianza, dove è stata aperta una seria e articolata riflessione sul terrorismo islamico. Studenti e insegnanti di tutte le classi hanno potuto approfondire la tematica, diventata oramai elemento di discussione quotidiana e fonte di cronaca, con un approccio quasi
scientifico.
A guidare l'analisi su termini come Isis e islamismo globale è stato il dottor Marco Arnaboldi, ricercatore ed esperto - a soli 23 anni - di politiche internazionali e Medioriente. Il giovane studioso, originario di Saranno, è diventato esperto di lingua araba e relazioni internazionali in pochissimo tempo tramite esperienze all'estero, tra Siviglia, Bruxelles, Gerusalemme e l'Egitto. In qualità di ricercatore, si occupa di jihadismo e Medioriente, collaborando oltre che con diverse testate nazionali anche con l'ISPI (Istituto per gli studi di politica internazionale) e con
l'associazione culturale "Caffè Geopolitico", di cui fa parte.Partendo da un'analisi propriamente semantica del termine "jihad", il dottor Arnaboldi si è addentrato nell'intricata "matassa" di vicende storiche, geopolitiche e culturali che riguardano il mondo islamico.
"Oggi voglio fornirvi gli strumenti cognitivi per poter autonomamente capire cosa sta succedendo dall'altra parte del Mediterraneo e anche a casa nostra" ha esordito l'esperto.
Tra i vari temi toccati, la frammentazione propria delle religione islamica e la nascita, relativamente recente (1998), del cosiddetto "califfato"."Lo stato islamico ormai controlla le due principali vie di comunicazione in Medio Oriente. Ha un disegno globale e questo lo ha portato a costruire province ovunque. Per questo da Isis si è trasformato in IS, togliendo l'originario radicamento in Siria e Iraq. Lo stato islamico è prevalentemente ovunque e il suo motto in arabo è ‘bakià' che significa ancora in piedi, rimanente, vitale. Per i combattenti, che creato un valore politico con un pretesto religioso, in ogni posto è legittimo ricomporre la frammentazione dell'islam. In Europa ci sono confini politici forti, ma paradossalmente i confini umani sono stati violati e ogni persona è potenzialmente un bersaglio. Con i social network, poi, ognuno gioca un ruolo per lo stato islamico, che ha in pugno i mezzi di comunicazione. Per l'Isis l'Occidente è fondamentale" ha affermato il giovane ospite, che
è intervenuto in aula magna. Interessanti gli interrogativi sollevati da studenti e insegnanti per tutto il corso della mattinata. Alla domanda sul perché nessuno è intervenuto per sradicare il califfato, la risposta di Arnaboldi è stata: "Il vero motivo non è tanto economico, quanto riguarda l'assenza di volontà politica degli stati vicini come Turchia, Iran, Giordania, Arabia Saudita. A loro lo stato islamico serve per continuare a sopravvivere, evitando spinte indipendentiste". ''E qual è il ruolo dell'Europa in questa guerra santa?'' ha poi chiesto un docente dell'istituto monticellese. "Lo stato islamico nutre un forte antagonismo verso ciò che è stato fatto nel passato in Medioriente. Andando in Iraq, abbiamo fomentato l'odio e favorito il brulicare su quel territorio di movimenti di matrice islamica. Attualmente abbiamo un Occidente spaventato che non vuole dialogare con questo mondo, ma deve farlo per contrastare il fenomeno del terrorismo. Dall'altra parte, invece, c'è uno stato islamico che con nonchalance guida la conversazione e ne detta anche i termini". Una fredda e brutale genialità, che coinvolge molti giovani in una spirale ideologica e culturale che vuole affermarsi a tutti i costi. "I giovani combattenti, però, non hanno vissuto certi eventi e quindi vengono coinvolti con la propaganda. La loro motivazione è la lotta contro chi ha invaso e frammentato l'islam. Vengono coinvolti ad esempio con motivi romantici, ossia con l'ideale di liberare la comunità islamica dai miscredenti, oppure con i videogames, passando dall'attività alla realtà. Altri non hanno una vita sociale brillante e vengono attirati con la promessa di fortuna. Ci sono poi anche le donne, che nella catena di diffusione hanno un ruolo mediatico importante perché amplificano il messaggio, possono incentivare la radicalizzazione e poi possono diventare spose" ha chiarito il giovane ricercatore. L'esperto ha anche fatto riferimento al Corano, una sorta di "ipertesto interpretabile autonomamente". "E' innegabile che l'islam si sia espanso con gli eserciti, ma il rapporto tra violenza e islam è irrisolvibile, almeno in un breve periodo, perché si tratta di un mondo fortemente diviso al suo interno" ha aggiunto il dottor Arnaboldi. Ignorare l'Isis da un punto di vista mediatico, allora, potrebbe essere la soluzione? "Non proprio. Per lo stato islamico la propaganda è vita e sicuramente isolarlo sarebbe un modo per togliergli la base sociale di diffusione, ma il loro messaggio radicalizzato passerebbe per altri mezzi. E' pazzesco ma l'Isis sta dettando tempi, modalità e contenuti da promuovere attraverso l'industria dell'informazione, che è cosa ben diversa dall'informazione in sé. Quest'ultima va alimentata autonomamente ed è per questo che la giornata di oggi è importante. Bisogna fare una selezione dei contenuti per capire a cosa credere e cosa invece tralasciare perché infondato. Il mio consiglio è quello di alzare l'asticella delle visite su internet" ha infine suggerito il dott. Marco Arnaboldi. Il giovane ricercatore è intervenuto su più turni durante la mattinata, che ha visto gli studenti impegnati anche in un workshop nelle diverse aule di lezione. I momenti di lavoro in classe sono stati arricchiti da materiali forniti tramite una chiavetta USB. Dopo i drammatici fatti di Parigi la scuola ha inoltre creato il blog "Liberi di dire" per favorire il confronto, il dibattito e la libera espressione su temi e problemi aperti che ormai riguardano tutti.